Pensieri

Non si dovrebbe mai avere così tanto da fare da non avere tempo per la riflessione.

(Georg Christoph Lichtenberg)

Piccola riflessione per tempi difficili

Voglio decidere ogni giorno di coltivare pensieri costruttivi e alimentare progetti vivificanti.

Voglio praticare amicizie calde e autentiche, sostenere relazioni stimolanti, condurre una vita di senso e di qualità.

Non amo le folle, le mode, la confusione, la fretta, l'approssimazione e lo sciattume dilagante.

Voglio promuovere il fermarsi, il domandarsi cosa stiamo facendo e realizzando, le riflessioni comuni, la condivisione autentica e creativa.

Tutto questo anche 'attraverso' e 'con' la cucina: con il blog, con i corsi, con lo scriverne e parlarne, coinvolgendo le persone, risvegliando il desiderio di fare qualcosa per la propria salute e per quella della propria famiglia.

Cerchiamo di evolverci, anziché lamentarci: i tempi portano spesso a farlo, dunque cerchiamo di affrancarci da questo sport comune con tutta la nostra volontà migliore.

'DUEMILAVENTI'

UN VIDEO REALIZZATO PER UN ANNO DIFFICILE

Sono profondamente convinta che i momenti più duri siano quelli che meglio stimolano l'utilizzo delle nostre risorse personali: ci costringono a sondare la nostra pazienza e perseveranza, la disciplina, la capacità di re-agire, la tenacia e la resistenza alla paura e la frustrazione. 

Ci spingono in terreni interiori sconosciuti e ci portano a diventare spesso migliori e diversi, o comunque a crescere.

Ho realizzato questo video per ricordare che abbiamo forza e molti strumenti personali, che il momento è difficile per tutti, ma non deve essere alibi per non progredire e fare progetti nuovi.

Volevo incoraggiare ad avere fiducia e guardare sempre un po' più avanti, e volevo realizzare qualcosa che potesse ispirare le persone in questo senso.

Le voci sono di alcuni degli allievi della scuola Eimos Centro Formazione Danza di Livorno che si sono prestati a collaborare, mentre le immagini e i filmati sono tratti dall'universo Internet. 

La foto finale della bambina nel prato è di Mark Olich.

La colonna sonora è di Olafur Arnalds.

Buona visione.

Quale Natale?

Mercoledì 2 Dicembre 2020

Il dibattito del momento: quale Natale potremo celebrare? Potremo ricongiungerci a parenti lontani, potremo festeggiarlo in famiglia, potremo muoverci per comprare regali e fare gli auguri alle persone che ci sono care?

Pur nel rispetto delle necessità e le idee altrui, sento forte il bisogno di una festività sobria e ritirata, quest'anno più che mai.

Mi stupisce il fare dei divieti un cavallo di battaglia per protestare, mi addolora questa impermeabilità alla gravità del momento, mi lascia attonita questa improvvisa e impellente necessità di molti di fare vacanze sugli sci, darsi ai cenoni e alle rimpatriate di massa.

A tratti mi sembra che l'umanità stia vagando in una regione sempre più senza cuore, senza ascolto di quello che accade, senza regole che non siano quelle dettate dalle proprie egoistiche necessità. Mi sembra che scegliamo sempre più la superficie, che andiamo avanti con i paraocchi, che non vogliamo saperne di fermarsi.

Mi sembra che questo anno duro e spietato necessiti fortemente di un Natale in sordina, privo di tante luci e inutili consumi, un Natale che rispetti chi ha perso molto, chi ha chiuso un'attività, chi è precipitato nella povertà e la disperazione.

Un Natale che celebri con rispetto chi ha perso persone care, che dia un senso a di dignità a tutti quei nonni, genitori, figli, fratelli che se ne sono andati soli, e che ci ricordi che le privazioni materiali ed esteriori che ci vengono richieste (peraltro minime) non tolgono niente alla sincerità di quello che siamo e vogliamo rappresentare. Dopo anni di affanni, corse allo shopping, pranzi interminabili di cui non mancano mai le lamentele, anni 'grassi' di cibo a profusione e spesso futili acquisti destinati ai regali 'di forma', abbiamo (finalmente) l'opportunità di una festa più intima, più raccolta, che ci permette di scegliere acquisti minimali, pranzi più sobri, contatti autentici e mirati. Trovo che sia anche una bella occasione, l'ennesima che questo anno difficile ci offre: di avvicinarci un pezzettino in più a quello che siamo e che possiamo essere 'in meglio', nudi dai nostri orpelli, le nostre infinite maschere e cerimonie, lontani da strombazzi, feste urlanti e fuochi d'artificio.

Sta a noi scegliere se cogliere questa opportunità. Sta a noi il 'come' far sentire comunque affetto e vicinanza a chi vogliamo e il dare un senso finale alla chiusura di questo ciclo che ci ha bastonato e dal quale dobbiamo necessariamente imparare qualcosa. 

Trovo che si imponga non il cercare di fare quello che 'facciamo sempre', ma aprire nuovi e più autentici scenari interiori: con sobrietà, con l'indispensabile, con rigore e consapevole ascolto di quello che il momento ci richiede.

Buone feste, a tutti noi.

La 'droga' dolce

Lunedì 14 Settembre 2020



Siamo andati con Daniele a cena al ristorante, evento per noi quanto mai raro se non in genere quando siamo in vacanza: ma ogni tanto ce lo concediamo, magari per una ricorrenza o per un evento speciale.

E spesso, dopo, mi ricordo del perché non amo particolarmente farlo.

Non posso fare a meno ormai di concepire la cucina da un certo punto di vista, per cui mal sopporto le abbuffate, i piatti preparati distrattamente, le attese e lo schiamazzo che spesso accompagna le tavolate cui capita di essere accanto.

Il cibo mi piace molto, si sa, e non mi tiro indietro di fronte a un piatto invitante. Il mangiare lo considero un vero piacere, una consolazione, un momento conviviale prezioso. Quando ce ne andiamo a cena fuori è inoltre per me un'occasione per assaggiare cose nuove e magari ispiratrici, e ho la leggerezza dell'evento di festa: spesso però mi deludono l'atmosfera, gli ingredienti, il 'troppo' o il 'poco'.

Comunque, torno all'argomento del titolo: se capita di andare a cena, in genere finisco ordinando il dolce, noi normalmente non ne consumiamo molto e mi piace assaggiare torte e preparazioni del posto, più del gelato o le classiche 'mattonelle' industriali.

E' qui che un po' sono perplessa, perché al di là della torta o il tortino più o meno riusciti, che comunque mangio senza tante storie perché non sono dal gusto difficile e mi adatto a cosa trovo, non posso che fare anche questa volta la considerazione che spesso mi ricorre.

Un dolce per me è riuscito quando ha un sapore naturale e semplice, quando spicca un ingrediente principe che gli dà personalità e carattere, o quando il mix di sapori crea quel connubio delicato ed equilibrato che non ammazza quel che si è mangiato prima.

Quando non è 'dolce' a tutti i costi, al limite dello stucchevole. 

Quando non è pesante da fermarti la digestione del pasto intero. 

A volte mi sembra che lo zucchero sia sufficiente da solo a far contenti i clienti, i consumatori, noi tutti: forse è quel sapore dal forte richiamo infantile, è il latte materno che arriva a volontà e nel quale vogliamo immergerci, basta che sia 'tanto'. 

Ci piace il dolce 'forte', il cioccolato, la panna, il caramello e pure la frutta sciroppata. I desserts ricchi, la quantità, la densità di creme spesse e di dolci ripieni, farciti, irrorati.

Peccato, preferire un dessert elaborato e con i 'riccioli' di rito (sembra non se ne possa fare a meno: forse a  volte per supplire con la presentazione a un piatto altrimenti anonimo e privo di personalità) a una semplice fetta di torta ben fatta con ingredienti di qualità, magari anche meno dolce, perché questo sapore dilaga, in un attimo diventa stucchevole e invadente, specie se siamo abituati a qualcosa di più semplice e naturale.

Se allenate il palato al sapore dolce tenue di frutta, dolcificanti naturali, frutta secca, succo di mela, allora sentite immediatamente quel sapore dolce 'chimico' che invade quel che avete nel piatto, e sentite quanto sia 'in più' la colata di cioccolato, la carica della crema, l'appesantimento della decorazione.

Siamo una società malata di dolce, malata di cibo, di abbondanza e spreco: la salute è anche saper lavorare in cucina con pochi ingredienti semplici ed è un gran peccato che non sia maggiormente diffusa una cultura del 'dolce naturale''. I danni dello zucchero sono ormai conosciuti e assodati, dunque perché non cercare di sostituirlo magari in parte, di attenuarne sapore e contenerne la quantità, di fare una pasticceria creativa che non blocchi la digestione e dia quel desiderio immmediato di caffè (stimolante su stimolante: il corpo è una macchina precisa, nei suoi bisogni e nelle sue compensazioni!).

Siamo abituati a fagocitare senza assaporare, deglutire senza gustare, consumare senza ascoltare.

E' un peccato, questo rapporto distratto con il cibo.

La lettura, strumento prezioso

Venerdì 14 Agosto 2020

Osservo spesso in queste giornate di pausa estiva i nostri vicini di scoglio: pochi, pochissimi ormai leggono al mare (e altrove: il discorso si potrebbe allargare senza fatica al quotidiano applicandolo ovunque).

Anni fa era facile trovare donne e uomini impegnati a consultare il giornale, qualcuno con libri o romanzi: a tratti vigeva un silenzio bello e assorto da 'vacanza di corpo e mente', quell'atmosfera che solo un libro sa darti. Poche cose sono belle e appaganti quanto leggere il nostro libro del momento sull'asciugamano, con un po' di rilassante risacca del mare in sottofondo.

Adesso è tutto un fiorire di iphone, mi sorprendono anche le persone più anziane: a momenti siamo circondati dal desolante spettacolo di decine di persone con il naso incollato al loro schermo, ci stanno anche una mattina intera, che peccato, questo impoverimento e questa dipendenza insopportabile.

L'estate è il momento giusto per la lettura (in realtà lo è sempre!),  e non solo perché si ha un pochino più di tempo a disposizione che ci permette di affrontare quei libri che magari aspettano da tempo, comprati con la promessa di leggerli in tempi migliori, adatti allo stato d'animo, impegnativi o al contrario leggeri e tascabili, perfetti per aggiungerli all'asciugamano nella borsa del mare.

Ma mi piace leggere d'estate anche perché ricarica le pile, perché mi porta in atmosfere interiori di riflessione, di curiosità, di stimolo. Mi aiuta a programmare l'autunno lavorativo, mi arricchisce di spunti e mi offre angolazioni diverse. Con il libro apri continuamente caselle mentali ed emotive, alleni il cervello, misuri le parole, affini la lingua, arricchisci il vocabolario e ti si aprono spazi interni e atmosfere interiori sempre utili e creative. Trovo sia un esercizio indispensabile, un allenamento mentale che spinge alla crescita del nostro 'essere umani', un'ancora per mantenere viva la capacità di riflessione, di sintesi, di immaginazione.

Sono cresciuta in una casa colma di libri, ho sempre respirato la loro presenza e la loro pregnanza: da piccola giocavo a fare la commessa nella mia libreria immaginaria, e così quotidianamente avevo tra le mani Bocca, Soldati, Svevo, Maupassant, Sartre, Moravia, Fenoglio, Pirandello. Sono diventata adolescente con i classici, ho continuato con quello che trovavo nelle nostre librerie in casa piene di letteratura, di politica e di storia, e il primo, emozionante acquisto l'ho fatto alle scuole medie con i miei sudati risparmi: era 'Viaggio di un naturalista intorno al mondo', di Darwin, me lo ricordo ancora benissimo, un bel tomone di centinaia di pagine. 

Avevamo una libreria sotto casa dove andavo spesso a curiosare tra i titoli, mi capitava di leggere lì, in piedi, una pagina per volta di questo ambito volume che mi piaceva tantissimo: a quell'epoca volevo fare la biologa. Alla fine è stato il primo libro che ho comprato, lo conservo ancora a casa dei miei genitori, e racchiude e condensa perfettamente tutto il mio mondo infantile di lettrice accanita e costante: è il meraviglioso reportage di una mente acuta come quella di Charles Darwin che in cinque anni di navigazione sul brigantino Beagle verso la Patagonia e il Pacifico osserva e cataloga migliaia di dati e informazioni su flora e fauna. Un vero viaggio per il lettore di scoperta, immaginazione, pioneristica e affascinante lettura.

I libri mi hanno forgiato, alimentato e accompagnato fino ad adesso: continuano a fornirmi spunti, a farmi conoscere mondi e situazioni, ad aiutarmi ad approfondire conoscenze. La lettura mi ha conservato e rinfocolato quell'amore per lo studio che per un pezzo di vita avevo 'addormentato'.

Mi capita di leggere due o tre libri in contemporanea, come a molti lettori accaniti e seriali, il comodino ne è sovraccarico, e l'ultima cosa che vedo la sera prima di dormire e spegnere la luce è la pagina di uno di questi.

Leggete, sempre.

(immagini tratte dal web)

Una riflessione sulla salute

Giovedì 13 Agosto 2020

Torno a scrivere dopo molto tempo, poiché presa dagli impegni e poi dalla tempesta Covid ho dovuto selezionare le forze e le cose cui dedicarmi. 

Per me molto è cambiato, come probabilmente per la gran parte di voi: diversa è la percezione del mio presente e del futuro incerto che ci aspetta, diversa la scala di valori che ha prepotentemente portato in vetta le cose più importanti e da adesso probabilmente irrinunciabili (il silenzio, il tempo per sé, gli affetti, la necessità di 'sfoltire' tutto ciò che è inutile e in sovrappiù, la focalizzazione su progetti che vanno realizzati, perché il tempo corre ed è prezioso) e diverso è il valore che sento di dover riservare a letture costruttive, frequentazioni di qualità, attività che ricreino fiducia e coltivino semi positivi.

In questa cornice assume ancora più importanza il parametro della salute: mai come in questo momento credo si necessiti di osservare attentamente com'è il nostro stile di vita e in particolare l'alimentazione che decidiamo di adottare. L'epidemia ha dimostrato senza ombra di dubbio che gli organismi più deboli, già soggetti a patologie, con sistemi immunitari fragili e debilitati sono stati i più colpiti dal virus. Al fattore 'anzianità' spesso si è agganciato un insieme di elementi che hanno contribuito non poco alla gravità della forma contratta o addirittura al decesso. Mai come in questo momento dovremmo aver imparato quanto sia importante la prevenzione, il mantenersi sani, forti, il controllare il peso, l'attività e equilibrio generale del nostro organismo, l'adozione di criteri alimentari e globali che ci possano portare perlomeno ad affrontare un 'attacco esterno' nel migliore degli assetti fisiologici possibili.

Continuo a credere che si mangino troppi zuccheri, troppi carboidrati raffinati, troppi latticini, troppi cibi 'spazzatura': a lungo andare determinano uno stato infiammatorio cronico, un tessuto di base debole e vulnerabile, un accumulo di muco, uno stato di sofferenza intestinale che debilitano il sistema immunitario e ci rendono passibili di contrarre malattie e di reagire in maniera peggiore anche di fronte a una banale influenza. Figuriamoci di fronte a un virus aggressivo e così contagioso.

Continuo a credere che il sacrificio e la disciplina nel piatto siano la base della nostra salute psico-fisica, e che nel 2020 non sia possibile continuare a ignorare le informazioni assodate, ormai alla portata di tutti.

Continuo a non comprendere chi si fa un vanto del consumare salumi, dolci, fritti e grassi, chi non vede con preoccupazione l'obesità dilagante anche tra i bambini e i giovanissimi,  chi afferma che mangiare male e fare poca o nulla attività fisica siano comportamenti 'normali'.

Continuo a non comprendere chi non fa attenzione all'alimentazione dei piccoli, che spesso eccedono negli zuccheri, consumano l'Estathè come fosse acqua, vivono di merende industriali e smangiucchiano continuamente.

Abbiamo nelle nostre mani la nostra salute futura e la possibilità di trascorrere gli anni scegliendo se farlo in modo sereno e attivo fino alla vecchiaia inoltrata o facendo la spola tra farmacie e acciacchi vari: come insegnante di danza vedo corpi giovani sempre più deboli, affaticati, soggetti a incidenti e malanni fisici un tempo rari, che mi fanno continuamente rinsaldare nella convinzione che la nostra alimentazione è tutto, mattoni che costruiscono tessuti, muscoli, sangue, linfa, materia cerebrale e cellule nervose.

Possiamo scegliere di cambiare e coltivare una salute 'globale': una scelta da fare ogni giorno, a partire da adesso.

Altrimenti continueremo a cercare soluzioni esterne, che sempre ci salvino nel momento di 'crisi': il farmaco, la capsula miracolosa, il vaccino che ci salvi tutti.

Amici, la salute ce la costruiamo noi: nei limiti del possibile andiamo in questa direzione, e coltiviamo disciplina e ascolto di sè.


(immagine di sottofondo tratta dal web)

Qui e ora

Lunedì 2 Dicembre 2019

Questa che vedete accanto non è la foto di un concerto, ma siamo a un concorso di danza, in pieno svolgimento.

Da un palchetto del nostro bel teatro cittadino guardo con una mia collega lo svolgersi dello spettacolo, sono passate due ore scarse dall'inizio e già il pubblico viaggia su altri pianeti.

La platea riluce di telefonini accesi: si guarda su Facebook, si scrive, si legge, si invia, si riceve, incapaci di godersi il momento presente o di annoiarsi, anche. Incapaci di rimanere nel 'qui e ora', di rivolgere la propria attenzione a dove siamo adesso.

La visuale è sconsolante: non c'è disinteresse che tenga, spieghi o giustifichi tanta umana necessità continua di distrazione.


Dove siamo con la testa, i pensieri, l'attenzione? Siamo consapevoli di questo continuo bisogno di stimoli e di evasione? Come possiamo lamentarci del fatto che le nuove generazioni siano sorde alla concentrazione, all'attenzione e al 'restare' quando noi stessi adulti non siamo capaci più di farlo?

'Qui ed ora', recita una nota e basilare citazione sulla quale ogni percorso di crescita personale si appoggia, mèta alla quale tendere, piattaforma da cui partire nell'osservazione di sé. Essere presenti, stare svegli al presente, osservarsi nei processi mentali, nelle fantasie che divagano, nelle abitudini meccaniche sterili che fanno disperdere preziose energie e sorvolare sul momento che stiamo vivendo.

Niente è necessario e costruttivo quanto riflettere continuamente su dove siamo con la testa: e voi, dove siete adesso?

Una signora d'altri tempi

Venerdì 22 Novembre 2019

Sotto suggerimento di una mia allieva adulta ho inviato qualche settimana fa un video di un nostro spettacolo alla senatrice Segre.

Lo spettacolo tratta della Shoah, lo facemmo nel 2016 e abbiamo un documento in dvd che ben ritrae lo spirito e la commozione che animarono il nostro lavoro in quell'occasione.

L'allieva mi ha trovato l'indirizzo mail della signora Segre, per cui le ho scritto, anticipandole la nostra idea di mandarle questo documento come omaggio e riconoscenza per quello che è, per vicinanza per quello che sta attraversando in questo momento, oltre che per quello che rappresenta per una parte di noi italiani: la rettitudine, la dignità della memoria, la testimonianza vivente che all'odio non si risponde con l'odio e che si può essere altrettanto efficaci con la correttezza e la civile presenza.

La prima sorpresa l'ho avuta quando la signora, dopo poche ore che le avevo scritto, mi ha risposto: poche semplici righe per dire che si, certo che potevamo spedire il nostro lavoro, con i suoi ringraziamenti.

La seconda quando, dopo una decina di giorni, trovo nella posta questo piccolo, prezioso biglietto che vedete nell'immagine: un collaboratore, presumo, ringrazia a nome della signora, dimostrando che non sempre le istituzioni sono sorde e lontane da noi comuni cittadini. 

La riflessione è dunque questa: all'età di 89 anni questa signora dalla storia pesante e che al momento è tirata in ballo da avversari politici, sindaci ottusi e strumentalizzazioni di ogni genere, trova anche cinque minuti da dedicare a chi le scrive, e si preoccupa di farci avere risposta e ringraziare. Il biglietto arriva per posta, spedito con il francobollo, in questa epoca telematica del mordi e fuggi: una testimonianza preziosa di una persona di altri tempi, capace di fermarsi e dare peso anche agli sconosciuti che le scrivono.

Se già avevo stima, adesso non può che essere accresciuta.

Non ho figli

Giovedì 8 Agosto 2019

'Tu non puoi capire, non hai figli': quante volte mi è stata ripetuta questa frase.

Oggi ho salutato un'allieva carissima, che è in procinto di partire per l'Olanda. Si è iscritta all'Università per frequentare laggiù una facoltà che insegue da anni, e il processo per arrivare a questo passo è stato lungo e difficile, con prove emotive e di studio non da poco. Infine l'ammissione superata, e la decisione di trasferire là il suo presente. E il suo (le auguro luminosissimo) futuro.

Sono andata a salutarla al negozio dove lavora, un saluto tra clienti e viavai di suoi colleghi: breve, necessariamente stringato, un decimo di tutto quello che avrei voluto dirle. Finito con un abbraccio che mi ha dato lacrime di commozione appena uscita. 

Un ennesimo distacco, un'altra allieva da lasciar andare.

In tanti anni di insegnamento (adesso sono 33) non si contano quelli che ho dovuto salutare: per trasferimenti in altre città, necessità lavorative, famiglia, nozze, la vita che si presenta in tutta la sua pesantezza, problemi di salute e anche risentimenti, discussioni, abbandoni senza un perché e porte sbattute. Con tanti ci siamo poi rivisti, scritti, riappacificati. Alcuni tornano da adulti, ci sono delle fantastiche 'réunions', si ha la gioia di ritrovarsi in sala dopo anni. Tanti mi sono rimasti indelebilmente nel cuore, sono cresciuti con me, li ho accompagnati dall'infanzia all'essere uomini e donne fatti. Tanti sono stati poco in sala, ma hanno lasciato il segno. Di molti, anche lontani e risentiti, ho potuto seguire le vite a distanza, a volte con apprensione, a volte con orgoglio, a volte con dispiacere, per quello che erano e che stavano facendo.

Perciò si, non ho figli, ma in tutti questi anni ho avuto il privilegio di accompagnare e seguire tanti esseri umani preziosi (o meno) nel diventare quello che sono adesso, condividendo frustrazioni, difficoltà, vittorie e sconfitte. Un allievo è un mondo, da scoprire e in qualche modo sostenere nel processo dello sviluppo di sé. La danza aiuta a rafforzare se stessi, a scoprirsi, ad esprimersi e ad avere fiducia, come anche a capire che non si è sempre i primi, i vincenti, i preferiti. Alcuni cadono, si rialzano e imparano a vedere l'amore che c'è dietro a un rimprovero, una distanza, una decisione apparentemente ingiusta. 

Altri no, e se ne vanno. Ci sono stati grandi dolori, negli anni. 

Altri a volte regalano però il gran dono di tornare avendo compreso, e magari anche chiedendo scusa.

Li si segue con attenzione, divertimento, a tratti apprensione, o anche irritazione: come figli devono fare la loro strada e il loro personalissimo percorso, ma deve rimanere questa distanza che ci fa essere lucidi, altrimenti si rischia di assecondarli, e non aiutarli davvero a crescere.

Un insegnante conosce il corpo dell'allievo che cresce, i suoi punti deboli, i lati del suo carattere spesso oscuri anche ai suoi genitori. Molti li abbiamo visti piangere e gioire, li abbiamo abbracciati o consolati. Abbiamo trascorso insieme ore e ore, settimane, anni.

Oggi saluto un'allieva speciale che ho conosciuto quando, minuscola, piangeva abbracciandomi alla vita e mi arrivava appena all'ombelico, ed è divenuta una ragazza bella e pronta a volare.

Perciò no, non ho figli, ma tanti meravigliosi semini sparsi al vento, che spero possano portarsi dietro un legame indelebile e forte, come è per me.

Un'amica e un compleanno

Martedì 4 Giugno 2019

Complice l'età, che fa apprezzare valori sempre più profondi, ogni anno che passa mi rende  preziosissimi gli amici di vecchia data.

Qui parlo delle relazioni nate in età adolescenziale, quelle figure che ci portiamo dietro da sempre, e che ci conoscono come le loro tasche, malgrado siano passati decenni e la frequentazione adesso sia rara. 

Forse per questo è anche più preziosa: e comunque ogni volta si riprende da lì dove eravamo rimasti.


Oggi festeggio un'amica speciale, con quella semplicità scarna che sempre ha contraddistinto entrambe. Un caffè, una simbolica candelina e tanti anni a supportare quello che ancora abbiamo da dirci.



Il tempo passa, le pietre miliari rimangono, il che è un grandissimo conforto ed è come 'tornare a casa' ogni volta, con quel senso di gratitudine e di commozione interna per avere tanta risonanza in un altro essere che non siamo noi. 

''Non possiamo sapere con sicurezza se le nostre esperienze sono condivise. Però ogni tanto capita che abbiamo la sensazione chiara e precisa che quello che stiamo sentendo noi lo sta provando anche l'altro, che il nostro sentire coincide, e che questo fatto di per sé ha un suo valore, soprattutto quando l'esperienza condivisa ci sta a cuore. ''

(Piero Ferrucci)

Atteggiamento attivo:

un'attitudine indispensabile da coltivare

Venerdì 10 maggio 2019

Mi capita spesso di riflettere sul dilagante 'lasciarsi andare': vedo persone che si lamentano, che vivono nella convinzione (errata) di non poter intervenire per cambiare le cose. Vedo rassegnazione, passività, e una 'mollezza' che sento pessimo esempio per le nuove generazioni, già così orfane di modelli di disciplina e di nerbo personale.

Mi sorprende come l'immobilismo sia diffuso, e la disillusione diventi alibi per non impegnarsi nella vita. 

Una ragazzina che crede in un'azione pulita e forte viene prima idolatrata, e poi distrutta da sarcasmi e fini analisi concettuali.

Dov'è la forza dei nostri nonni, dove sono gli ideali, lo sforzo, la capacità di mettersi in discussione e agire?



Quando qualcuno si muove, si alza presto un coro di disfattisti, spuntano i denigratori, e abbondano quelli che ridimensionano atti e idee altrui per non confrontarsi con il proprio stare fermi.

Noi umani siamo perfetti coltivatori di energie negative, in una spirale che non porta da nessuna parte: a nessuna evoluzione personale e sociale, a nessuna crescita.

Riporto un bel brano che illustra l'atteggiamento psicosintetico: fare scelte, agire, essere responsabili di quello che facciamo e vogliamo realizzare. E'uno stralcio illuminante e ispiratore, per chi crede fermamente che il mondo si cambia con i fatti e non con le parole, o i vuoti desideri non seguiti da un cambiamento attivo del proprio atteggiamento.

''La vita è seria, e si è di momento in momento di fronte a scelte che implicano la necessità di acquisire una chiara consapevolezza del significato e del senso che le si dà. [...]
Assagioli affida ad ogni uomo le proprie opzioni, mette l'esistenza nelle sue mani e gli fa scegliere in ogni attimo se vivere o lasciarsi vivere, se adeguarsi all'ambiente o creare la propria strada, se utilizzare le sue ricchezze interiori o se rinunciarvi ed entrare a far parte della lunga schiera delle esistenze mancate, ristrette, abuliche o menomate.
Gli propone di immettersi nel cammino autorealizzativo, il solo a condurre all'esperienza della libertà interna.
Il compito è arduo.
Per affrontarlo occorre, fra l'altro, la conoscenza dei metodi e delle tecniche per possedere e trasformare gli aspetti immaturi o alterati dell'emotività, della mente, degli istinti.
Il perfezionarsi è per la Psicosintesi un vero e proprio 'istinto vitale' presente in ogni uomo che richiede di essere costantemente alimentato così che ogni giorno sia sempre un inizio. [...]
La Psicosintesi invita ad allargare la propria cultura ed il proprio interesse ad ogni idea, anche se in contraddizione con quelle possedute.
Esorta ad un atteggiamento omnicomprensivo.''
(da 'L'uomo stellare', P. M. Bonacina)  

(immagini tratte dal web)

La fragilità

Giovedì 9 maggio 2019

Già da qualche tempo mi scopro sensibile aalle vite degli anziani: mi capita di osservarli per strada mentre camminano attenti a non inciampare,  mentre seduti da soli su una panchina contemplano l'orizzonte un po' persi nel loro mondo e guardano lontano, o mentre contano i loro spiccioli alla cassa del supermercato nei portamoneti consumati, di fronte a una fila sempre impaziente che non ha tempo per aspettare. O ancora all'ufficio postale, quando ritirano la pensione così vitale per loro, ansiosi se qualcosa non va per il verso giusto, incerti di fronte alle domande dell'addetta di turno, in questa società che ci contempla solo efficienti, giovani e veloci.


Del palazzo dirimpetto al nostro io e mio marito vediamo gli interni: la strada è stretta, e specialmente di sera, quando le luci sono accese, vediamo spaccati delle vite altrui attraverso le finestre. Al piano sotto al nostro livello c'è l'appartamento illuminato di un uomo anziano, rimasto solo dopo la morte della moglie. Ha un gatto, due cani, pranza e cena sempre da solo. Legge un libro seduto al tavolo di cucina (una cucina modesta, in ordine, e lui preciso nelle sue cose, puntuale nei suoi orari, meticoloso nel portare fuori gli animali, disciplinato nel pranzare da solo, sempre, sempre solo). 

A volte apre una cassettina, sembra contare i suoi soldi. A volte sembra guardare la televisione.

Ma spesso la sera si addormenta seduto al tavolo, appoggia la testa sulle mani, e così rimane, per lungo tempo. E' un immagine di grande tenerezza e solitudine, lo seguiamo dalla nostra finestra a volte un po' preoccupati,  aspettiamo si risvegli, e così ogni giorno. 

Anche di festa. Le domeniche. Estati e inverni.

La fragilità è questa, per me.

La gioia di un invito

Venerdì 19 aprile 2019

Anche se ci capita raramente, per me invitare amici a cena è occasione di gioia autentica: anzi, forse proprio perché non è una abitudine mi piace allora scegliere con cura menu e apparecchiatura e la giornata è interamente dedicata alla cucina.

Mi piace l'idea che un ospite trovi una tavola preparata con attenzione, che la serata ruoti intorno al cibo. E' quello che metto in tavola che accompagna la serata e aiuta a sentirsi partecipi di qualcosa che si condivide e divide.

Mi viene in mente in questi casi che l'ospitalità è cosa sacra in culture lontane, geograficamente, storicamente, ma anche emotivamente: la nostra società è così basata sull'individualismo da non considerare più così importante l'offrire qualcosa a un ospite, condividere del cibo e trascorrere ore insieme in atmosfera di serena convivialità.

Quando cucino è importante farlo con calma, pensando alle persone che verranno, a non eccedere nelle dosi e preparare piatti semplici che non ci appesantiscano o possano creare sonnolenza: il cibo va maneggiato con cura, pensando a chi verrà, come in una sorta di meditazione che mi fa trascorrere momenti bellissimi e creativi in cucina.

Un ospite che viene è sempre occasione di sperimentare piatti nuovi, e una prova di lavoro e pazienza per me, anche quando il risultato non è magari soddisfacente come avrei voluto.

''Invitare qualcuno a pranzo vuol dire incaricarsi della felicità di questa persona durante le ore che egli passa sotto il vostro tetto." 
( Anthelme Brillat-Savarin)

Epoche lontane

Venerdì 25 Gennaio 2019

Spesso penso che dovevo nascere in un'altra epoca, o forse ci sono stata, in una vita precedente: solo così mi spiego la sorta di nostalgia che provo per anni che non ho vissuto, ma che mi sono così familiari da suscitarmi una sorta di commozione interna.
Un po' come quando un profumo ti riporta a un ricordo improvvisamente netto dell'infanzia, che riemerge prepotente, o quando aprendo un armadio la fantasia di un vecchio abito ricorda una situazione vissuta che in qualche parte di noi riposa indelebile, anche se sembrava sepolta.
Avrei voluto vivere in un'epoca in cui qualcuno stampava libri con questa cura, come nell'immagine qui a lato, e non a catena di montaggio testi inutili che durano una stagione a malapena, in vetta a classifiche del niente.
Un'epoca in cui qualcuno li comprava e leggeva, con altrettanta attenzione e rispetto, mentre adesso i libri poco valgono, e non legge più nessuno o quasi.
Adesso si porta in sede Unesco la vanteria di non conoscere lingue (perché studiare? perché sgobbare a laurearsi?), e ci propinano titoli di giornale su 'gay in aumento': mi mancano il silenzio sui libri a lume di candela, la gentilezza nelle relazioni, il buongusto e il garbo che farebbero di fogliacci definiti 'quotidiani' solo materiale da ardere d'inverno.
Lo spessore di una civiltà, insomma. 

L'importanza dei ricordi

Domenica 6 Gennaio 2019

Conservo con cura e divertimento alcuni scambi scritti con un amico d'infanzia per me carissimo, resi ancora più preziosi dal fatto che adesso lui non c'è più, scomparso prematuramente.

In queste righe sgangherate e tenerissime rivedo i nostri sogni di bambini, quello che avremmo voluto essere e che sembrava realizzabile, anche solo per il fatto che lo pensavamo, e che non era contemplabile una realizzazione diversa o eventuali ostacoli nella nostra vita futura.

Nella prima lettera inviata da R.M. Rilke in risposta al giovane poeta Kappus che stava attraversando un periodo di crisi, così scrive: «E se anche lei si ritrovasse in una prigione, non le rimarrebbe forse la sua infanzia, quella ricchezza squisita, regale, quello scrigno di ricordi? Cerchi di far emergere le sensazioni sommerse di quell'ampio passato; la sua personalità si rinsalderà, la sua solitudine diverrà più ampia e diverrà una casa al crepuscolo, chiusa al lontano rumore degli altri» . 

Il ricordo di quello che eravamo da bambini mi affascina, spinge e intenerisce: a quello sento che posso appellarmi nei momenti in cui manca un vigore, a quello cerco di ispirarmi quando devo ricordarmi chi sono, a quello mi rivolgo quando devo ancora sciogliere nodi esistenziali e affondare le mani nel mio passato per capire le dinamiche attuali. 

Il nostro 'fanciullo interiore' è il prato di cui parla Roberto Assagioli: il simbolo del prato è il bambino che sopravvive in noi e ci ricorda che l'infanzia rappresenta la "base positiva e creativa" della nostra vita. 

"Il prato rappresenta lo sbocciare della vita (...) esso rappresenta anche il mondo del fanciullo (...) Ogni uomo sano ha nelle proprie profondità psichiche qualche cosa che corrisponda a questo prato. Egli conserva dentro di sé un "fanciullo attivo e creativo". ('Principi e metodi della Psicosintesi terapeutica' )

La trovo un'immagine ricca e suggestiva: un prato fertile e sempre verde che vive dentro il nostro immaginario a ricordarci chi siamo: perciò guardo spesso questi foglietti e queste righe contorte che mi rimangono, come se fossero linfa che vivifica e ispira.

La bambina di ieri che nutre l'adulta di oggi.

(immagine di sfondo tratta dal web)

Cosa vi lasciano le feste?

Venerdì 4 Gennaio 2019

Mentre si avvicina l'Epifania, inevitabile fare un bilancio di questi giorni di festa, che per tutti noi spesso si traducono in eccessi alimentari e violazione dei nostri abituali ritmi di vita.

Attraversare questo periodo in consapevolezza è la grande sfida di ogni anno: ridurre le spese spesso inutili, non lasciarsi andare alle tentazioni del consumismo dilagante, proporre menu ricchi che rispettino riti e aspettative, ma che non implichino spreco e utilizzo di alimenti e cibi esotici, o inutilmente contrari a un principio etico di fondo, dedicarsi a spazi di silenzio e raccoglimento, incontrare amici realmente cari e non perdersi in ipocrite riunioni senza metterci lo sforzo di costruire (o ri-costruire) rapporti e relazioni più autentici.

Quest'anno con Daniele abbiamo cercato di fare regali contenuti rivolti alle persone veramente a noi care, incontrandole singolarmente per dedicare loro il tempo di un caffè, due chiacchiere, uno sguardo comune ai progetti e al tirare le somme insieme. Con molti di loro è stato un segno di gratitudine, affetto, riconoscenza per la loro presenza e per il peso che hanno per noi nella nostra vita. Abbiamo dedicato alle nostre famiglie il giorno della Vigilia e quello di Natale, ho cucinato con silenzio e tempo dilatato a disposizione, ho apparecchiato la tavola della festa con mia madre seguendo quasi i ritmi di un rito antico che ci portiamo dietro dai tempi delle nonne, e mi sono dedicata alla cucina preparando cose semplici e vegetariane. Abbiamo abbracciato genitori e suoceri, avuto del tempo per la figlia di Daniele che studia adesso a Bologna e viene raramente a livorno. Abbiamo potuto fare meditazione allo scoccare della mezzanotte del 31 dicembre, per far entrare il nuovo anno e accogliere tutto quello che porterà. Ci siamo concessi tempo insieme, con lettura, belle musiche, relax, qualche camminata per la mano, e momenti sul divano davanti a una serie televisiva appassionante.

Dalle feste cerco questo:  fare il punto della situazione, chiudere i conti con il vecchio anno, far salire a coscienza quello che sta emergendo e che si prepara da qui in poi avere tempo per affetti e per momenti di silenzio e ritiro. Vi auguro vivamente di aver avuto feste altrettanto ricche e ritempranti: possono essere occasione di dispersione ed eccessi o prezioso periodo di ascolto e preparazione all'anno nuovo.

(alcune immagini sono tratte dal web)

Le buone abitudini

Mercoledì 17 Ottobre 2018

Per un periodo di due settimane Daniele è a Zagabria per un intensivo di Ashtanga Yoga, così ne ho approfittato per prendere qualche buona abitudine in sua assenza: la mia indole è disciplinata, ma quando non ho orari o scadenze quotidiane sono molto incline a farmi prendere dalla dispersione. Mi capita di pranzare alle quattro del pomeriggio, se è un fine settimana e sono sola, o di indugiare troppo davanti al computer.

Perciò ho preso l'abitudine, in questo momento, di fare delle magnifiche passeggiate di primo mattino: alzarsi dal letto di buon'ora, dedicarsi qualche importante minuto per un auto-massaggio vigoroso con olio d'oliva, fare una breve meditazione e uscire di casa approfittando di questo fortunato ottobre che ci è stato regalato, di bel tempo e clima mite.

Già qualche mese fa ho dedicato un post a questo argomento, ma è veramente importante ritagliarsi spazi di attività piacevole e salutare, specie alla mattina, in cui le energie sono in salita e si può godere di qualche momento tutto per noi, prima di andare a lavoro o immergersi nelle nostre attività quotidiane.

Camminare di buon passo è un ottimo esercizio, al mattino a digiuno: non sto parlando dell'effetto 'dimagrante', ma dell'ossigenazione del corpo, delle caviglie, anche e ginocchia al lavoro, del tempo per riflettere e osservare, che è sacro esercizio di presenza, e dell'immergersi nella propria città. Livorno è ricca di storia, di pietra, di mare e vento, bellissima per respirare a pieni polmoni, quando la città si sta svegliando. Per me è sempre occasione di scoprire angoli nuovi, particolari magari mai osservati, strade poco battute, che sotto la luce rosata e magica del sole in ascesa assumono un aspetto anche 'energetico' diverso e interessante.

Camminare è davvero una buona abitudine che dovremmo mantenere: esercita il corpo, i riflessi, la coordinazione, pompa sangue e stimola la pianta del piede, elasticizza muscoli e mobilizza tendini. Camminare respirando consapevolmente vi stimola il buonumore, accelera il battito cardiaco, ossigena il corpo e il volto si fa radioso e roseo. Insomma: vinciamo la pigrizia.

'Grazia & Grinta': 

archetipi femminili e altro ancora

cronaca di un lavoro teatrale

Martedì 22 Maggio 2018

Reduce da uno spettacolo realizzato con un attore amico di gran talento e sensibilità, con la presenza di un gruppo di donne allieve della scuola dove insegno, sorgono spontanee alcune riflessioni.

Siamo andati in scena Domenica 6 Maggio, ed è stata una forte esperienza per tutti.

Ho scelto l'argomento degli archetipi femminili dopo che tempo fa avevo letto il bel libro della psichiatra americana Jean Shinoda Bolen 'Le Dee dentro la donna'. In questo saggio accurato e fruibile per il suo linguaggio semplice e i suoi esempi efficaci e lucidi, ero rimasta affascinata dall'importanza di questi modelli interiori così diffusi e così sconosciuti, che agiscono nel nostro inconscio e che ci guidano nella vita e nei comportamenti quotidiani: modelli che possiamo scegliere di coltivare ed evocare, o tenere a freno e modulare. Le figure archetipiche di dee antiche, che sono poi modernissime e così attuali, hanno ispirato questo mio lavoro, realizzato con la presenza di Christian Quagli, attore versatile e dalla profonda sensibilità scenica, il quale ha interpretato una galleria di personaggi femminili che hanno dato spunto di riflessione profonda a tutto il pubblico, e a noi che allo spettacolo abbiamo lavorato.

 



Ho scelto volutamente un gruppo di donne adulte per realizzare le coreografie a corollario dell'argomento: donne che hanno portato in scena sé stesse, la loro bellezza vissuta, la loro realtà di persone con storie familiari anche pesanti, con scelte spesso difficili, e che non hanno avuto bisogno di fingere per rappresentare i temi della vita femminile, le rinunce, i disagi, i dolori e a tratti la pesantezza di essere donne. Christian ha poi mirabilmente sottolineato anche l'ironia, e la potente mano creativa e unitiva dello spirito femminile.


Ne è risultato uno spettacolo ricco e 'denso', con una forte implicazione emotiva, che mi ha permesso di usare il teatro per lo scopo che più mi interessa: portare il pubblico a riflettere; indurre dei dubbi, delle domande; mettere in scena qualcosa che sia legato alla nostra vita reale e che ci faccia riflettere su quello che siamo e che facciamo, e su quello che vogliamo e possiamo essere. Questo mi sembra il lato più attivo e interessante degli archetipi: un modello ideale può essere frutto di osservazione e auto-osservazione, e può innescare in noi un cambiamento positivo, e una volontà di consapevolezza che ci aiuta a comprendere meglio noi stessi e gli altri.

Il lavoro di squadra:

l'importanza del gruppo

Giovedì 3 Maggio 2018

Nella foto: il gruppo che ha ispirato questa riflessione.

Dopo circa 32 anni che insegno la danza, è mia ferma convinzione che il lavoro di un gruppo e i suoi risultati siano determinati non solo dalle singole capacità, dai talenti o dalla tecnica, ma soprattutto dalla coesione e dalla motivazione che si riesce a raggiungere ed esprimere insieme.

A volte in una classe di allievi si riesce a formare quella magica alchimia di determinazione, spirito di gruppo e reciproco incoraggiamento che causano uno scatto in avanti nel rendimento e nei risultati, una sorta di marea dilagante, che esprime sé stessa e acquista fiducia.

Riuscire a coabitare, gestire le frustrazioni, le differenze caratteriali, le tensioni e i momenti di 'calo' è sicuramente occasione e strumento di lavoro su di sé formidabile, almeno quanto il training fisico e la preparazione coreografica, ma l'energia che scaturisce da questo sforzo comune è talvolta esponenziale, come la spinta ottenuta dai progressivi traguardi e dai tangibili risultati: una delle soddisfazioni migliori come insegnante è veder crescere tanti piccoli semi, che devono germogliare quando è il loro momento giusto, e se riescono a farlo insieme è stimolo continuo e occasione di ispirazione e grande gioia.

Con gli anni, l'aspetto umano dell'insegnamento mi ha regalato molte amarezze, ma anche impagabili gratificazioni, ed è continuo esercizio personale e di responsabilità: la sala da danza è fonte di fatiche e difficoltà, ma anche di grande motivazione e crescita per tutti. 

Se avviene in gruppo, è meglio.

A spasso per la città:

scoprire angoli di Livorno

Giovedì 26 Aprile 2018

Da quando siamo tornati ad abitare a Livorno, è come se stessi riscoprendo la bellezza di questa città selvatica e ruvida, che in alcune zone porta con sé la sua storia antica di mare e di commercio.

Quando vado a fare la spesa, spesso allungo il tragitto infilandomi in viuzze secondarie, o passo dal porto, o ancora cammino in strade semi-deserte che odorano fortemente di salmastro.

Se prendete l'abitudine di camminare anche dieci minuti al giorno, magari parcheggiando un pochino più lontano dall'ufficio, o semplicemente allungando il percorso che dovete fare, ne trarrete indubbio beneficio: camminare ossigena e ritempra, e se i panorami sono anche piacevoli, si scopre o riscopre l'appartenenza a un luogo, e quelle che sono le nostre radici, e il nostro contesto allargato.

Una parte importante della pratica buddhista di Tich Nath Hanh, che ha fondato la comunità di Plum Village in Francia e ha proseliti in tutto il  mondo, è la cosiddetta 'meditazione camminata', pratica consapevole di ascolto e di consapevolezza mentre si passeggia con lentezza e con presenza mentale.

Quando con Daniele andammo a Londra, lo scorso anno, a un certo punto in mezzo alla folla di turisti che festosamente popolavano la riva del fiume notammo un guppetto di persone che avanzavano in silenzio, camminando lenti e con attenzione. Li osservammo ammirati, poiché stavano chiaramente sperimentando in mezzo al viavai e all'animazione dei presenti una dimensione di ascolto e meditazione, con volti sereni e imperturbabili. 

Si può veramente praticare ovunque, e in molti modi: anche andare a fare la spesa può diventare un pretesto e un'occasione, oltre che fornire spunto per ossigenarsi e ammirare la bellezza che sempre ci circonda, se la andiamo a cercare.

La Pasqua:

pranzo di famiglia e altro

Martedì 3 Aprile 2018

Da anni vivo la Pasqua come un passaggio importante, simbolico momento di Morte e Rinascita. Finché abitavamo in Comunità, per molto è stata occasione di un piccolo 'ritiro' con i nostri fratelli di percorso, in cui osservavamo una dieta sobria ed essenziale dedicandoci per quasi tre giorni al confronto tra di noi e alla revisione della Regola Comunitaria. Era un momento di messa in discussione di ciascuno dei presenti, di intima riflessione sulle nostre mancanze e ciò su cui potevamo migliorare. Ne ho un ricordo molto forte, come di tutto ciò che ci induce a fermarci e riflettere sul punto in cui siamo nella nostra vita.


Da quando siamo tornati alla vita 'normale', io e Daniele organizziamo una serata di meditazione il venerdì prima della Pasqua, incontro che apriamo ad amici e chi si dimosta interessato: ne vengono fuori degli appuntamenti dall'atmosfera intensa e partecipata, che testimoniano la necessità delle persone di fermarsi e meditare.

Il cambiamento implica sempre una morte, perché possa esserci una vera trasformazione: credo profondamente nella potenza evocatrice dei riti familiari, delle tradizioni e dei simboli, e amo sempre più, con il passare degli anni, immergermi nel significato profondo delle festività, con tutto il loro carico emotivo e la loro forza di penetrazione nell'inconscio collettivo.

La Pasqua è per me nuova vita, che prende il via dalle ceneri del vecchio che muore: è fortemente legata alla Primavera, alla vita che risorge dopo l'inverno, alla linfa che ricomincia a scorrere, i germogli che mostrano i loro fiori. Possiamo farne una tappa importante di riflessione e osservazione di sé e della propria condotta esistenziale.

Non c'è bisogno di essere religiosi: per me è un rito laico, ma forte e potente.

Immagini evocatrici:

come ispirarsi nel quotidiano

Martedì 5 Dicembre 2017

In cucina, luogo dove trascorro poco tempo, ma molto prezioso per me, ho appeso questa fotografia della mia nonna materna, cui ero molto affezionata.

E' una figura estremamente ispiratrice, che reggeva con polso fermo e imparziale una famiglia allargata numerosa e variegata, in una casa-palazzina che era 'casa' per tutti noi: zii, cugini, nipoti e familiari acquisiti.

Con una naturalezza impeccabile passava dalla cucina alla manutenzione della casa e del suo bel giardino, presente e acuta con tutti, indomita e avanti tempo con la sua apertura mentale e la sua disponibilità a cambiamenti e novità. Sobria e dignitosa, precisa e focalizzata sulle sue cose, era severa all'occorrenza, e tanto leggera da farne una compagnia piacevolissima.

La sua immagine mi ispira ancora oggi che non c'è più: esempio di cura, di lavoro silenzioso e costante, di creatività in cucina e di presenza lucida in tutto quello che faceva.

Per me la 'donna realizzata' non è necessariamente una manager in carriera o una figura di successo: anche una personalità forte, intelligente, appagata e creativa in quello che ama fare è invidiabile esempio.

La Grazia:

l'essenza della danza

Giovedì 16 Novembre 2017

immagine tratta da Internet

Dopo molti anni trascorsi nelle sale di danza, con allievi di tutte le età, dai diversi talenti e dalle più svariate caratteristiche, la cosa che noi insegnanti adesso più si stenta a coltivare e trovare negli aspiranti danzatori è la 'Grazia', parola che racchiude ed evoca immagine di armonia e stile, naturale eleganza ed equilibrio nella postura e nel movimento.

Sempre più allievi cercano la prestazione tecnica, il virtuosismo, il risultato facile, il 'tutto e subito'. Spesso vedo sfuggire loro l'importanza dell'espressione di sé, dell'accordarsi ad un brano musicale, del dare corpo e spessore ad un gesto e un movimento che altrimenti rischiano di essere solo una forma vuota. La danza è specchio della vita, e dell'integrarsi delle nostre diverse parti: dove siamo in contatto intimo con le nostre sensazioni, se siamo presenti a quello che stiamo facendo, se viviamo il movimento come una corrente che sgorga da un sentimento interno e non solo da un pensiero o da un ragionamento logico, là allora il gesto si compie armoniosamente, e parla di qualcosa di più prezioso e profondo.

La Grazia è uno stato interiore, un'atmosfera da coltivare di cura, delicatezza e ascolto di sé: è un linguaggio sottile, importantissimo, che noi adulti dobbiamo far intravedere agli allievi, e che deve essere anche un 'modus vivendi'.

La danza, allora, si fa poesia.

Letture che nutrono:

''Il pane e lo Zen''

Giovedì 2 Novembre 2017

(immagine tratta dal web)

Sto leggendo questo libro veramente ispiratore, semplice e profondo, scritto da Bernard Glassman, monaco zen americano che nel cuore di New York partecipa alla realizzazione di un grande panificio per gli studenti di questa tradizione orientale, impegnando così la loro comunità in un'impresa comune cui tutti partecipano con spirito di dedizione.

Sfatando il mito del buddhista alieno dal mondo, parla di concrete scelte fatte per creare un'azienda al top nel settore, che in pochi anni diviene produttrice di pane e dolci di altissima qualità, artigianali e 'diversi' da quelli offerti industrialmente.

L'impegno sociale che ne deriva è molto diverso dalle azioni assistenzialiste cui siamo abituati noi occidentali: il panificio Greyston è divenuto una Fondazione che fornisce lavoro ai disoccupati e che nel frattempo ha potuto fornire anche casa ai senzatetto e agevolazioni varie per i più sfortunati.

La pratica spirituale è profondamente legata all'impegno sociale, e questo libro ispira azioni concrete che ci possano portare al di là della mera realizzazione di noi stessi. Lavorare con qualità è esercizio di presenza e consapevolezza, la divisione in squadre implica una responsabilità comune, i buoni risultati sono frutto di studio, approfondimento, ricerca.

Ve lo consiglio vivamente, specie se la cucina è il vostro interesse: ci sono molti suggerimenti, suggestioni, citazioni da testi classici zen.

La vita è come un 'banchetto', e a noi sta come combinare gli ingredienti che abbiamo e farne il pasto migliore possibile. In questo modo, la responsabilità è puramente nostra: quello che ci accade dipende solo da noi, e da quello che vogliamo 'essere'.

Alimentazione & Attività fisica:

nutrire corpo e mente

Domenica 8 Ottobre 2017

Mio marito Daniele ha invitato a Livorno Rosa Tagliafierro, insegnante di Ashtanga e Dharma Yoga: per tre domeniche, fino a fine novembre, darà lezione a un gruppo di praticanti nella nostra città, nella mia scuola di danza.

Arrivata da Milano sabato sera, Rosa ha cenato da noi, e abbiamo pranzato poi insieme anche oggi, nella pausa del lavoro con il gruppo. 

Obbligatorio preparare un pasto leggero ed equilibrato, di verdure, cereale e legume, accompagnato da gallette e crackers senza glutine, per conciliare anche con il nostro attuale regime alimentare.

Inevitabile parlare di pratica e scelte riguardo al cibo.

Rosa è vegana, punto d'arrivo di varie sperimentazioni e periodi nella sua vita. Da quando aveva 11 anni ha iniziato a mangiare pochissimo o nulla la sera, ascoltando un'esigenza del suo corpo che richiedeva di dormire senza essere in digestione. Non eccede, è disciplinata, sta attenta a non mangiare la pizza a cena se la mattina dopo deve praticare, vive lo Yoga come un vero stile di vita e non solo come una mera attività fisica ed è stato interessante confrontarsi su un argomento che così tanto mi sta a cuore, quale il legame profondo tra attività corporea, alimentazione e stato energetico generale. Rosa è stata in india molte volte, ha seguito periodi di stretta dieta richiesta ai praticanti, ed è là che ha iniziato ad essere vegetariana.

La 'salute energetica' nel nostro corpo è un punto fondamentale per poter svolgere bene un lavoro fisico quotidiano intenso. L'organismo è una macchina che necessita del giusto carburante: cibo, ossigeno e 'impressioni', come direbbe Gurdjieff. Rosa testimonia bene questa integrazione, con uno sguardo vivo, una percezione sottile, entusiasmo per quello che fa, e un'energia misurata e forte che la guida nelle sue lezioni e che si estende agli allievi. La sua 'salute' è anche il possedere una sensibilità lucida e un cuore aperto: non parole new age, ma reali e tangibili qualità.

Durante la pratica nella sala c'era un silenzio assorto e concentrato, bellissimo a vedersi: quasi si trattasse di un rito collettivo. Un insegnante deve davvero testimoniare con la sua presenza, il suo stato energetico e il suo aspetto qualcosa che vada al di là della tecnica, e che deve 'nutrire' gli allievi e ispirarli.

Cibo, peso-forma, danza

Giovedì 5 Ottobre 2017

(Le immagini sono estratte da Internet)

Chiunque abbia praticato questa meravigliosa disciplina anche solo per qualche anno, sa cosa evoca questa immagine a lato: solo pochi fortunati possono permettersi di ignorare cosa e quanto mangiare, senza poi dover fare i conti con lo specchio della sala e con la bilancia.

Quella che per un 'esterno' è una isterica fissazione, per chi decide invece di praticare la danza ad un livello anche amatoriale, ma costante ed impegnato, è uno degli scalini più ardui, e  scoglio sul quale si infrangono decine di aspiranti tersicorei: la ricerca del peso perfetto.

Un corpo asciutto lavora meglio, e questo è indubbio.

Le articolazioni sono più libere, il peso da sollevare nei salti minore, lo sforzo commisurato: si sottopongono a giuste sollecitazioni scheletro e rachide, si gestiscono meglio le infiammazioni, si 'gonfiano' meno i muscoli, e il lavoro è più equilibrato. L'estetica di un corpo filiforme e asciutto è uno dei canoni-base per la danza, specie se classica.

Detto ciò, rimane il fatto che lo scontro quotidiano con lo specchio è difficile, e allievi e insegnanti devono gestirlo insieme. Guardarsi in maniera iper-critica non aiuta, ma anche ignorare l'importanza di un peso-forma è un non aiutare l'allievo ad essere obbiettivo con sé stesso e a volersi bene. Dietro a un forte aumento di peso spesso c'è un malessere, una richiesta d'aiuto: lo stesso vale per danzatori sottopeso, che sfiorano o raggiungono l'anoressia.

Il corpo segnala un disagio, che va identificato e curato.

Il discorso, ovviamente, è vasto, con molte implicazioni, e non è questa la sede per esaurirlo, ma un blog di cucina e cibo può aiutare anche a trovare un equilibrio alimentare perduto, a volersi bene cucinandosi con cura, e poiché io stessa ho vissuto in prima persona cosa voglia dire affrontare la bulimia aspirando a divenire una danzatrice, non posso che incoraggiare a ri-partire da sé, isolando il problema che sta alla radice di un disturbo alimentare, affrontando il cambiamento del corpo senza forzarsi a danzare se in quel momento non ci si accetta, e concedendosi tempo e pazienza per rimettersi in forma. Quando sentite dire che la danza è 'sacrificio', sappiate che il regime alimentare è qualcosa che rientra in pieno in tutto ciò che comporta questa parola.

La danza è dura, e questo aspetto è innegabilmente imprescindibile: il nostro rapporto con il cibo fa pienamente parte del training formativo del danzatore.

Armatevi di pazienza, e 'lavorate' anche con quello che mangiate.

Cronache di un mondo alla rovescia

Lunedì 2 Ottobre 2017

Nelle foto dal sito di 'Repubblica' , di oggi: strage al concerto a Las Vegas; scontri polizia-votanti in Spagna; la disperazione di un poliziotto che ha dovuto caricare persone inermi; un Salvini sempre sopra le righe e attacca-brighe; la stazione di Marsiglia, dove un uomo ha ucciso due passanti a coltellate, prima di essere eliminato a sua volta.


Da qualche anno vivo senza televisore. 

Più precisamente: da quando ho cominciato a frequentare la Comunità dove poi ho vissuto, nel 2006, ho cominciato a prendere le distanze, e quando poi mi ci sono definitivamente trasferita ho sposato la decisione comune di vivere senza, decisione che continua ancora adesso.

Mai pentita di questa scelta.

A casa seguiamo Internet, non ci mancano aggiornamenti sulle testate giornalistiche online, e questo peraltro ci permette spesso di avere un'altra e migliore informazione, rispetto a quella canonica televisiva. A volte più tempestiva, spesso più completa, spesso colta da angolature diverse/opposte.

Senza televisore si vive meno inquinati, sicuramente meno dipendenti, meno 'invasi' dal taglio spesso fortemente emotivo dato agli episodi di cronaca, anche se l'impatto dell'andamento del mondo esterno non ci risparmia.

Ogni giorno, quante cattive, pessime, terribili notizie ci investono? In quale pantano di disastri siamo continuamente proiettati, presenti oggi e poi già dimenticati, quante storie tragiche, cataclismi, attentati, stupri di massa e omicidi gratuiti? Che atmosfera interiore ci genera, questo continuo bombardamento di immagini, di titoli gridati, di fotografie crude e sensazionaliste, di storie di innocenti al macello?

Dove stiamo andando, genere umano degenerato e lontano da sé stesso, allo sbando, avvolto in una spirale di non-senso e di violenza esponenzialmente crescenti? E quanto i mass-media cavalcano le nostre paure, i nostri disagi, le nostre fratture, i nostri pregiudizi?

Se non ci prende lo sconforto dell'impotenza, vale la pena darsi da fare, adesso, nel luogo dove siamo, e prendere però anche decisi le distanze da questa stampa sensazionalista e aggressiva, per piantare buoni semi e 'filtrare' tutta questa spazzatura che ci sta travolgendo. 

Spazzatura.




Al ristorante indiano

Giovedì 21 Settembre 2017

Io e Daniele avevamo un festeggiamento in arretrato (cioè il nostro anniversario di matrimonio, che capita a settembre, quando in genere siamo nel pieno della ripresa delle nostre rispettive attività, e quindi impossibilitati a concederci quel minimo spazio 'per noi'), e alla prima occasione siamo andati a pranzo al ristorante indiano.

Questo è l' INDIA GATE, a Livorno, vicino a casa nostra, dove cucinano piatti tipici, sono gentili e il prezzo è contenuto.

Si può mangiare senza glutine, scegliendo preparazioni con riso e carne, o legumi e panir (il formaggio tipico indiano): tutto buonissimo,  ma il problema è stato che ad un certo punto entrambi siamo stati colti da una grande ed improvvisa stanchezza. Io addirittura da sintomi di sonno!

La nostra alimentazione e il nostro stile di vita sono tali che siamo ormai molto sensibili a qualsiasi ingrediente 'extra', specie a cucine grasse, o molto condite, o a mescolanze di diverse categorie di cibo. In questo caso abbiamo avuto il classico effetto rebound post-zucchero, ingrediente probabilmente presente nelle salse di accompagnamento, e sicuramente nel dessert finale che era dolcissimo per il nostro palato. La presenza di spezie determina un carattere fortemente 'yin' del pasto, che va quindi ad incidere sul livello energetico generale.

Tutto questo per dirvi che tanto più la vostra alimentazione vira verso il naturale e il salutare, tanto più sarete soggetti a percepire gli effetti che i cibi hanno sul vostro organismo: alcuni, appunto, fortemente impattanti, zucchero bianco in primis. Siamo quello che mangiamo: la nostra condizione energetica, il nostro umore, e di conseguenza poi le nostre azioni, sono influenzate moltissimo da quello che ci mettiamo nel piatto. Questo pasto, anche se gratificante, per noi è stata l'ennesima riprova. E' importantissimo cosa e come mangiamo!

Invito in terrazza

 

Io e Daniele non facciamo molta vita 'mondana': la sera, quando non lavoriamo, rimaniamo volentieri a casa, preferendo dedicarci alla lettura, a scambiarci idee e fare progetti, a trascorrere il tempo insieme piuttosto che uscire. A volte guardiamo un documentario o un film (non abbiamo televisore, per scelta), insomma cerchiamo di impiegare al meglio le nostre ore libere.

Ma esistono gradevolissime eccezioni: ieri sera una cena in terrazza da una cara amica ci ha offerto una bella occasione di passare del tempo con persone che ci 'risuonano', ed è per noi molto importante. Consumare un pasto in una bella atmosfera, lontano dai locali vocianti, con cibo preparato con cura e con una conversazione 'importante', ma leggera, ci ha ricaricato e fatto tornare a casa a notte inoltrata con delle belle energie.

E' importantissimo scegliere con cura amicizie e ambienti, occupazioni e attività: tutto concorre a creare in noi un'atmosfera interna creativa e stabile, di armonia e consapevolezza. Selezionate senza stancarvi di farlo, con criterio e metodo, tutto quello che vi circonda, cercando di non farvi influenzare dalle inevitabili critiche e da chi può giudicarvi 'snob': il vostro ambiente è il vostro nutrimento.

Rientrare in Sé:

l'importanza di una pratica meditativa quotidiana

''Nella meditazione, lasci la superficie per andare in profondità. Prendi coscienza di un livello dell'esistenza al di sotto e al di là dell'attività frenetica dei pensieri.''
(Ulrich Ott)  

Settembre è il momento in cui il cambio di stagione indica la ripresa delle nostre attività: periodo di passaggio delicato e importante, Quinta Stagione secondo la concezione tradizionale cinese, in cui pianificare il nostro futuro lavorativo e di vita e dedicarsi alla riflessione.

E' il momento della Terra, simbolo per eccellenza di equilibrio, saldezza e 'spessore': cerchiamo allora di ascoltare il corpo, aiutiamolo al cambiamento, dedichiamoci a qualche momento di silenzio e ascolto di noi, e lasciamo dello spazio a una pratica meditativa quotidiana che ci radichi e ci aiuti a fermarci.

Avere un raccoglimento ogni giorno permette di centrarsi, assecondare il cambiamento, trovare un silenzio che fa emergere quello che c'è nel profondo, affrontare una fase impegnativa o calmare energie dissonanti.

Anche venti minuti, ma ogni giorno, rigenerano e coltivano in noi una piccola 'volontà' di essere costanti e focalizzati, nel turbinio di attività che altrimenti rischia di risucchiarci, con tutti gli impegni invernali.

La meditazione è prima di tutto un esercizio, di pazienza e silenziosa osservazione, che fortifica l'intenzione e rigenera passo dopo passo. Non si deve 'fare' niente, se non sedersi e osservare cosa c'è in noi, qui ed ora.

Dare la precedenza sempre a una consapevolezza del nostro momento esistenziale, ascoltarci e osservare quello che siamo: sono pilastri di un'esistenza piena e presente.

Cercate il vostro spazio, osservate i vostri pensieri, ascoltate il vostro 'rumore interno' senza agire, ma lasciando scorrere quello che c'è: cercate il 'mare tranquillo' dentro di voi.

Fate della vostra vita un campo di scelte e attività rigeneranti e creative, che nutrano il vostro essere nel profondo. Andate 'sotto' alle cose, cercando piani sottili e superiori.


Breve fuga a Venezia:

il fascino di una città unica al mondo

Agosto 2017


Da molti anni ho la fortuna di poter passare periodicamente un breve periodo nella città della laguna, grazie a un mini-appartamento in multiproprietà, frutto di un fortunato investimento dei miei genitori ormai trentennale.

Questo mi ha permesso di poterci tornare moltissime volte, e di poterla apprezzare nei suoi angoli più nascosti, nelle calli sconosciute ai più, nelle piazze semi-deserte e nei suoi scorci più intensi e malinconici.

Se riuscite ad uscire dalle fiumane turistiche e dalle mete standardizzate, godrete della sua incantata e unica bellezza, dove ogni pietra parla della sua storia e della sua cultura, e dove arriva forte il carattere marinaro della Venezia antica e moderna. 

A tratti questa invasione di umani da tutto il mondo si fa pesante e irrispettosa, insostenibile nei bivacchi e nel consumismo bulimico di arte e cibo.

A Venezia si mangia ovunque, a tutte le ore e orrendamente, se cercate qualità e minima salute.

Gioiello unico il Ghetto ebraico, il più antico del mondo: a Cannaregio si respira la Storia a pieni polmoni, nel quartiere che dal 1516 raccoglie la Comunità, e dove si trova il ristorante kosher 'Gam Gam', meta obbligata per noi, ogni volta che torniamo in laguna.

Un altro dei nostri ristori preferiti è 'Frari's', accanto alla facciata della imponente chiesa omonima, con specialità orientali servite con cura e cucinate con maestria, in una profusione di sapori ispiratrice e inebriante.

Se andate, scegliete i locali frequentati dai veneziani doc, dove assaggiare specialità del posto e i vari stuzzichini con un bicchiere di vino, mantenendovi alla larga dai percorsi e dai ristoranti turistici, dai prezzi spesso esosi e con piatti di scarsa qualità.


Fare la spesa:

piccolo, grande rito da cui partire


Fare la spesa è il primo, importantissimo passo per la nostra salute: scegliere buoni prodotti, freschi e di qualità; dedicare del tempo a riempire con cura la dispensa e il frigorifero, e non comprare a casaccio quello che si trova all'ultimo minuto; decidere anche 'dove' fare acquisti, incoraggiando le piccole attività e le persone che mettono onestà e cuore in quello che fanno: tutto concorrerà a creare dei presupposti armoniosi per la vostra cucina, e a sviluppare una rete di luoghi di fiducia in cui rifornirsi.

La 'psico-ecologia' è anche questa: decidere che tipo di energie vogliamo mettere in campo nella nostra vita, in ogni momento della giornata e in tutte le attività che facciamo.

Una volta alla setimana vado a fare la spesa al Mercato dei Produttori diretti: nel vecchio edificio del mercato del pesce ha trovato alloggio questa opportunità di comprare prodotti di aziende agricole a conduzione familiare del territorio, con banchi di formaggi, verdure, frutta, farine e paste artigianali, conserve e salumi.

I prezzi sono abbordabili, la merce freschissima e di alta qualità, e si ha l'occasione di vedere al lavoro quei coraggiosi che ancora si dedicano al lavoro della terra, con fatica e sacrificio.

Si scambiano due parole, si attende pazientemente in fila con altri che sabato dopo sabato cominciano a divenire familiari, ci si lascia consigliare da chi vende o da chi ha provato un prodotto prima di noi, in un bel clima di sorridente gentilezza, con qualche burbero che ormai fa anche simpatia.

La spesa estiva è un tripudio di colori e profumi, e stamani non ho resistito pure al richiamo delle solanacee: peperoni e pomodori invitavano troppo per non farsi tentare.

Photo from  'A little corner'

Iniziare la giornata:

 piccoli esercizi quotidiani

Secondo molti insegnamenti spirituali, la mattina richiede ed è dedicata a tutta una serie di pratiche e riti che ci predispongono ad affrontare al meglio la giornata.

Dedicarsi a una pulizia profonda del corpo, lavando via le tossine emesse nel corso del sonno; eseguire qualche esercizio di respirazione o una serie di esercizi fisici per risvegliare le energie; praticare una seduta di meditazione per focalizzare l'attenzione sul nostro interno: sono tutte ritualità che possono divenire quotidiani strumenti per educarci a partire al meglio, e allenare la nostra volontà. 

Fare una colazione nutriente, ma leggera, in un'atmosfera tranquilla, senza accendere la tv e senza correre, è altrettanto importante.

'Non ho tempo', è la nostra scusa principe.

Trovatelo, provate: cambierete il vostro stato energetico in un mese.

Niente cambia, se noi non siamo disposti a cambiare.

Quello che facciamo oggi, è quello che poi svilupperemo nel domani.

Esercizi di Cura:

partiamo dalle piante

In casa, anche se lo spazio è minimo, noi cerchiamo di tenere delle piantine. Purificano l'aria, rallegrano l'ambiente, e il doverne avere cura è un piccolo esercizio di osservazione, costanza e ascolto. 

La pianta esprime pienamente la Vita, la sua forza e la sua delicatezza. Non è un oggetto, ma qualcosa che con voi ha uno scambio, e che risente di sbalzi termici, situazioni di tensione, atmosfere sgradevoli ed energie dissonanti. Tenere una pianta in vita vuol dire guardarne il colore, la forma delle foglie e la turgidezza, annusarne il terreno e seguirne evoluzione e crescita. E' un vero esercizio di disciplina quotidiana, e di cura.

Stamani ne sono arrivate altre tre, regalo di una cugina: sono aromatiche, e quindi particolarmente gradite, per la cucina e le mie ricette.


'Prima di Amare Dio o un Uomo, bisogna imparare ad amare il mondo delle piante e poi quello degli animali.'

(G.I.Gurdjieff)